L'espressionismo

Riprendo questo testo di Erich Reiss, Le avanguardie artistiche del Novecento, Berlino 1921.

E' una sapiente analisi dell'espressionismo che si lega molto bene all'idea di fotografia non come rappresentazione della realtà ma come superamento della realtà stessa.

Fugue - Kandiskij, 1914

Fugue - Kandiskij, 1914

L'artista espressionista trasfigura tutto lo spazio. Egli non guarda: vede; non racconta: vive; non riproduce: ricrea; non trova: cerca. Al concatenarsi dei fatti - fabbriche, case, malattie, prostitute, gridi e fame - subentra il loro trasfigurarsi. I fatti acquistano importanza solo nel momento in cui la mano dell'artista, che si tende attraverso di essi, chiudendosi, fa presa su ciò che a essi sta dietro: l'artista vede l'umano nelle prostitute e il divino nelle fabbriche, e riconduce i singoli fenomeni nel complesso del mondo. Dell'oggetto ci dà l'intima immagine, il paesaggio in cui spazia la sua arte è quello stesso grande Paradiso che Iddio creò alle origini del mondo e che è più ricco, più vario e infinito di quello che il nostro sguardo, nel suo cieco empirismo, considera reale, ambiente che non vi sarebbe interesse a descrivere, ma che mediatamente, a cercarvi il profondo, il caratteristico, il meraviglioso spirituale, si riempie di nuovi interessi e scoperte.

Tutto viene rapportato all'eterno. Il malato non è più soltanto quell'individuo che soffre, ma si converte nella malattia stessa, nel suo corpo traspare il dolore di tutto il creato e scende la pietà del creatore. Una cosa non è più soltanto materia, pietra, panorama, soltanto un quadrilatero con gli attributi della bellezza o della bruttezza. Essa si libera da tutto questo; viene indagata nella sua caratteristica essenza fino ad attingerne l'aspetto più intimo: fino a che la casa si apra e si liberi dall'ottusa costrizione di una verità sbagliata; fino a che sia rovistata in ogni angolo e vagliata attraverso quell’espressione che ne rivelerà il significato fondamentale magari a spese della verosimiglianza; fino a che si elevi o precipiti, si stiri o si rattrappisca; fino a che insomma sia realizzato ciò che in essa dorme allo stato di possibilità.

[…]

Il mondo c'è già, non avrebbe senso farme una replica: il compito principale dell'artista consiste nell'indagarne i moti più profondi e il significato fondamentale, e nel ricrearlo. Ciascun uomo non è più un individuo legato al dovere, alla morale, alla società, alla famiglia: in quest'arte egli diventa solo una cosa, la più grande e la più misera, diventa uomo.

[…]

Nel suo chiudersi inesorabile la mano dell'artista lacera tutti questi diversivi, e li rivela per quello che sono: delle facciate; fuori dalle quinte, dal giogo di un sentimento falsato dalle convenzioni tradizionali, esce l'uomo e basta, non l'animale biondo, il selvaggio primitivo, ma proprio l'uomo puro e semplice. Il suo cuore si allarga, i suoi polmoni si aprono, egli si abbandona al creato del quale non è una parte, ma che si muove in lui come egli lo rispecchia; la sua vita si regola senza bisogno della logica, senza raziocinio, senza gli impacci della morale né della casualità, unicamente secondo l'ampia misura del suo sentimento. Mediante questa estroversione del suo interno si lega a tutto: racchiude il mondo, ha in sé la terra, le sue gambe vi hanno radici mentre la sovrasta, il suo fervore abbraccia il visibile e il già visto. L'uomo è di nuovo forte di un sentimento vasto e immediato. Eccolo, così afferrabile il suo cuore; lo attraversano ondate di un sangue così genuino che sembra avere il cuore dipinto sul petto. Non resta personaggio, ma è un uomo davvero: situato nel cosmo, però con sensibilità cosmica; non si dà da fare a vivere la sua vita: l'attraversa; non riflette su se stesso, ma vive se stesso, non si aggira ai margini delle cose, le coglie nel centro. Non è disumano né superumano, è solo uomo, codardo e forte, valido e vile, buono, banale, magnifico, così come Dio lo ha lasciato al momento della creazione. Le cose gli sono tutte vicine, abituato com'è a scrutarne il significato e l'essenza autentica. Non ha inibizioni, ama e combatte in modo diretto; solo la forza del suo sentimento lo guida e lo dirige, non un pensiero contaminato: perciò può arrivare a esaltarsi, a far nascere nel suo spirito grandi visioni; attinge a Dio come alla vetta del sentimento, da raggiungersi solo attraverso estasi spirituali mai provate: pure, questi uomini non sono dei forsennati: è che il processo del loro pensiero scorre in una natura speciale; sono incontaminati; non pensano di riflesso. Non sperimentano in circoli e per riecheggiamenti, sperimentano in modo diretto.

L'arte della Street Photography

Che cos'è street photography? Rick McCawle ne discute al Miami Street Photography Festival analizzando la fotografia di Cartier-Bresson, Doisneau, Winogrand, Elliott Erwitt, Robert Frank, Koudelka, Salgado e Alex Webb.

Mc Cawle analizza cosa si intende per street photography e come i vari autori l'hanno interpretata, ognuno con le sue particolarità e la propria espressione.

Ma l'essenza della sua analisi è una meravigliosa frase finale dell'autore:

La "Street Photography è come catturare un pesce con le nudi mani"

La Voigtlander Bessa R3a

Iniziamo con una premessa: oggi giorno ha ancora senso scattare a pellicola? Io penso di si, la pellicola e il digitale possono coesistere e l'uno non esclude l'altro. Ma non ho voglia, di entrare nella discussione ormai vecchia, digitale-analogico. Ognuno può valutare da se cosa ritiene meglio per lui.

Quello che invece ho voluto fare è stato provare la Voigtlander Bessa R3a, una macchina a pellicola non certo recente, anzi ora la si può trovare solo usata. La mia non è una vera e propria recensione perché oltre a non essere un tester di macchine fotografiche, credo che in rete ve ne siano già abbastanza. Piuttosto ho voluto testare questa macchina più come oggetto del desiderio che fu.

Quando le Leica a pellicola avevano ancora dei prezzi di tutto riguardo (e li hanno ancora), la Bessa era una valida alternativa che permetteva di usare il telemetro e montare ottiche Leica M ad un prezzo molto ragionevole. Fino a pochi anni fa, per altro, la Bessa era anche abbastanza comune sul mercato dell'usato perché veniva venduta da tutti coloro che in riuscivano a fare il salto verso un corpo Leica.

Introdotta al Photokina di Colonia nel 2004., le Bessa R2a e R3a possono considerarsi le discendenti della Leica M7. Con quest'ultima condividono soprattutto, oltre la baionetta, l'automatismo sulla scelta dei tempi. Le due macchine R2a e R3a sono molto simili a parte per le crocette dell'inquadratura sul mirino e l'ingrandimento del mirino stesso. Mentre la R2a ha un ingrandimento di 0,68 e predilige appunto ottiche corte, la R3a ha un fantastico mirino 1:1 ed è orientata ad ottiche più lunghe potendo mostrare crocette a partire dal 40mm fino al 90mm. Queste si selezionano manualmente con l'apposito selettore che si trova sul corpo.

Il mirino 1:1 permette di focheggiare ad occhi aperti e anche l'uso di un 90mm è tutto sommato agevole. Purtroppo però in controluce non è così semplice come con una Leica dal mirino più recente.

Me ne sono andato in giro a scattare due rulli Rollei RPX400 esposti al nominale. Ho fatto un rullo con il Leica 35mm f/2 Asph (penultimo tipo) ed un rullo con il Summicron 75mm f/2 Asph. Mentre con il 35 mi sono dovuto accontentare delle crocette per il 40mm non essendoci espressamente quelle del 35mm, con il 75mm non ho avuto problemi. Ho messo la macchina in automatismo (priorità di diaframma) e scattare street photography è stato facilissimo e molto divertente. L'esposimetro mi è sempre sembrato abbastanza preciso e il caricamento della pellicola facile e veloce così come il riavvolgimento.

Lato dolente invece la rumorosità dell'otturatore: era come avere reflex a pellicola. L'otturatore metallico è molto rumoroso e neppure lontanamente parente di quello di una Leica. Purtroppo per la fotografia street forse continuerei a preferire una Leica, ma nei viaggi o in situazioni dove non sia richiesta silenziosità di scatto è un'ottima macchina, forse persino più resistente. In effetti in mano si ha una bella sensazione di metallo.

Oggi una Bessa R3a la si può acquistare per meno di 400 eur, un prezzo sicuramente ragionevole se paragonato a molte altre macchine e potrebbe esser un ottimo secondo corpo Leica M, preferendo sempre quest'ultimo alla Bessa.

Per quel che riguarda i rullini ho sviluppato i due Rollei RPX400 con il Rollei Supergrain 1+12 per 7min a 20° e agitazione ogni 30 secondi. Le foto appaiono perfettamente sviluppate (anche le scritte sulla pellicola sono perfette indice di un buono sviluppo), la pellicola appare di per se già contrastata abbastanza e facile da scansionare restituendo già un giusto contrasto, tuttavia altrettanto non può dirsi della stampa analogica dove a causa del contrasto iniziale della pellicola gli interventi sotto l'ingranditore sono destinati a ridursi drasticamente. Questo di per se non è male soprattutto se si vuole accettare scansioni e stampe senza troppi interventi in post produzione. Quindi sarei portato a consigliare la pellicola soprattutto nella street photography. Altro vantaggio da non sottovalutare è che la pellicola è stesa su un supporto politenato che non tende molto ad arricciarsi e quindi mantiene la sua planarietà utile nelle scansioni.