L'onestà della fotografia di reportage

Francesco Zizola è un grande fotografo di reportage, ed ho già in passato avuto modo di parlare di lui in questo blog. Oggi torna su un tema interessante e per me appassionante che è quello della verità nel fotogiornalismo.

Ancora una volta si muove dalle critiche nate dal World Press Photo, uno dei più ambiti premi fotogiornalistici al mondo.In particolare dalla vicenda del ritiro del premio al fotografo Giovanni Troilo, in quanto reo, a detta degli organizzatori, di aver costruito alcuni scatti. La vicenda è stata largamente ripresa sul web e nella stampa specialistica ed affrontata da Christian Caujolle a cui è seguito un intervento di Michele Smargiassi ed ora uno di Francesco Zizola.
 

In sostanza Zizola considera fondamentale l'aspetto deontologico del fotogiornalista:

Come possiamo infatti affermare che la fotografia abbia una relazione con il reale se non dichiarando che essa è un prelievo del reale effettuato da un fotografo che sottoscrive “un patto di onestà” con coloro che vedranno la sua fotografia?

Ma la parte che più mi interessa dell'intervento di Zizola è la seguente:

...Dobbiamo interrogarci su che cosa significhi oggi produrre giornalismo, anche visivo, quale funzione il fotogiornalismo è chiamato ad assolvere e in quali forme può essere garantita la sua credibilità. Lo dobbiamo a chi ci ha preceduto e ha lasciato documenti di ciò che siamo stati. Lo dobbiamo a noi stessi che aspiriamo – fino a prova contraria – a vivere in un mondo che non conosce il timore di essere oppressi e garantisce il diritto a essere informati su ciò che accade vicino o lontano da noi. E infine lo dobbiamo ai nostri figli, che un giorno leggeranno le nostre immagini-documento e che, se non saranno abbastanza attendibili come tali, ci derideranno per la nostra stupidità.

Personalmente quando parliamo di fotogiornalismo mi sembra condivisibile il punto di vista di Francesco Zizola e nulla toglie o aggiunge la soggettività dello sguardo del fotografo che esamina e seleziona in modo critico e onesto secondo la sua interpretazione del reale.

Zizola: la fotografia come comunicazione

Se guardo al mondo della Fotografia sono molti i fotografi che ammiro per il loro lavoro, tuttavia nel mio immaginario c’è un fotografo che più di ogni altro ho desiderato incontrare non perché più famoso ne perché i suoi lavori fossero migliori di quelli degli altri fotoreporter, ma perché avevo visto alcune sue interviste sul web e alcune sue conferenze (una su tutte quella di svolta il 16 aprile 2007 alle Lezioni di Giornalismo di Internazionale) che mi avevano profondamente colpito. Questo fotografo è Francesco Zizola.  In lui vedevo un modo di affrontare la realtà del fotogiornalismo senza orpelli, schietto ed onesto nell’approccio con la realtà, dove, è la realtà stessa il vero fulcro e non la fotografia come oggetto iconografico.

Francesco Zizola incontra Gianni Berengo Gardin prima della conference

Francesco Zizola incontra Gianni Berengo Gardin prima della conference

L’occasione dell’incontro è stata una conferenza a Milano il 27 marzo organizzata presso la Camera di Commercio con la collaborazione di Newoldcamera di Milano.

Zizola racconta il suo incontro con la fotografia quando da bambino chiedeva cosa fosse il genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale ed il papà gli mostrava una fotografia dei migliaia di morti di un campo di concentramento. Immagine che aveva una doppia valenza: da un lato permetteva la comprensione in modo istantaneo ed immediato e dall’altro lavorava nell’inconscio del bambino. Ecco in breve la potenza dell’immagine: strumento di comunicazione anche al di là di quanto teorizzato dalla cultura crociana che ha esaltato solo la parola e la scrittura come forme di comunicazione più evolute.

La bambina vietnamita di Nick Ut

La bambina vietnamita di Nick Ut

Il secondo passaggio fondamentale per la sua formazione di fotografo, Zizola lo fa ricadere nella prima visione della famosa fotografia di Nick Ut della bambina colpita dal napalm durante la guerra del Vietnam nel 1972. La foto diventa subito un’icona mondiale e lavora molto nelle coscienze con il suo messaggio recondito di sofferenza e morte.

Francesco Zizola racconta molto della sua vita e della sua attività, non nasconde le difficoltà iniziali e l’affermazione come fotografo grazie alla vittoria nel World Press. Nel 1991 fa ricadere l’inizio di un lunghissimo progetto fotografico sull’infanzia nel mondo che a causa della sua vastità sarà suddiviso in diverse storie e che oggi se ne può ammirare una parte nel nuovo “Born Somewhere”. Nel 1995 in Sierra Lione ha una profonda a crisi a causa della costrizione a scattare alcune foto durante un’esecuzione capitale, disconoscerà la foto buttandola via per un periodo vedrà una profonda crisi interiore. I racconti delle fotografie lasciano spazio a riflessioni più profonde sul ruolo dei media, sui media in Italia in relazione agli eventi internazionali e al ruolo della fotografia. Si arriva così all’esperienza dell’Agenzia Noor, nata grazie a dieci soci consapevoli che la professione di fotoreporter non può e non deve scomparire a causa della crisi dei media e per questo si dedicano a complessi progetti socio-ambientalistici internazionali di ampio respiro come ad esempio i cambiamenti climatici in essere sul Pianeta.

Foto F. Zizola

Foto F. Zizola

La conference lascia spazio anche agli aspetti più prettamente tecnici come ad esempio la scelta fra colore e bianco e nero. Ma anche qui si procede ad una analisi più profonda rispetto alla mera scelta tecnica. Con il colore il fotografo si mette in gioco perché è più difficile avere quella che viene definita una lettura di secondo grado dell’immagine, cioè una lettura che va oltre la mera rappresentazione formale ma che assurge a concetto evocativo. Il colore così come il bn non è dato a priori ma richiede una interpretazione che rafforzi la comunicazione sempre nel pieno rispetto etico. Così il fotografo giornalista dovrà sempre avere presente il valore etico di ciò che sta facendo e questo si manifesterà nelle scelte che effettuerà prima, dopo e durante lo scatto. Tuttavia anche il photo editor dovrà rispettare l’etica del fotografo evitando di stravolgerne il significato ed infine se parla anche di un etica del lettore che spesso si dimentica e cioè la volontà di capire. Mi tornano in mente le parole di Don McCullin che afferma che “La fotografia è verità se è nelle mani di una persona onesta”

Foto F. Zizola

Foto F. Zizola

L’ultimo tassello Zizola lo mette parlando del suo progetto 10b, un centro educativo e di divulgazione dell’immagine nato a Roma che in qualche modo insegna il linguaggio fotografico. Viene spontanea la riflessione sui nostri tempi dove mai come ora ci troviamo invasi da immagini (basti pensare ai cellulari) ed a una stretta relazione immagine-uomo, tuttavia proprio la forma di comunicazione più diffusa a livello mondiale non viene insegnata neppure in Italia che è stata la patria della prospettiva a livello figurativo e che ha permesso l’evolversi della comunicazione-immagine come oggi la conosciamo.

Purtroppo la conferenza volge al termine e attratto dalle parole di Francesco Zizola ottengo spunti di discussione concreti sul ruolo della fotografia e del fotoreporter ben al di là della discussione sulle singole immagini: è il ruolo dell’immagine come forma di comunicazione e del messaggio incluso nelle fotografie il vero fulcro dell’uso dello strumento fotografico. La realtà è interpretazione e l’interpretazione è comunicazione visuale sorretta da un’etica.